Agentività delle organizzazioni — Digressione sulla storia dei movimenti fisico-digitali che ho osservato negli ultimi 15 anni
Tornato ieri da un piccolo viaggio a Modena.
Sono andato ad Ovestlab per incontrarmi con amici e amiche che non vedevo da parecchio tempo. Abbiamo celebrato un momento importante insieme, il passaggio ad uno stato di fine condivisa di una associazione che ci ha tenuto insieme per diversi anni, con la quale abbiamo realizzato cose meravigliose e che al contempo non è mai riuscita ad esprimersi come avrebbe auspicato (secondo il suo statuto).
CivicWise Italia è nata per coadiuvare la volontà del network internazionale di CivicWise di portare attenzione sulle teorie e le pratiche di design civico. CWIta è nata per accogliere in un contesto di senso le diverse persone che in Italia avessero voluto costruire e condividere progettualità legate al co-design e all’urbanistica partecipativa. Il network di CivicWise invece nasce fra Spagna, Francia ed Italia affondava le proprie radici nei network decentralizzati (comunità di interesse e di pratica), non locali, molto comuni durante gli anni 10 che avevano avuto un così grande impatto mediatico grazie alle primavere arabe al Movimento 15-M o quello di Occupy. A loro volta questi movimenti iniziavano ad utilizzare a livello di massa la tecnologia digitale per comunicare, agire, decidere, creare relazioni dove prima non sarebbero potute esserci, portando da desktop a mobile (proprio negli anni 10 c’è stata il boom dei primi smartphone) quelle che erano le modalità utilizzate in precedenza o in contesti differenti dal movimento open e se vogliamo anche da quello hacker (ma per questa disambiguazione ci vorrebbe un’articolo a parte, lascio riferimento a Open non è Free di Ippolità).
Era il periodo della decentralizzazione ad ogni costo, generato sulla scia dell’impatto culturale che internet e la sua conformazione reticolare fatta di nodi e connessioni fra “pari” (questa è stata la grande incomprensione culturale delle organizzazioni orizzontali, ma anche qui serve tempo per esplodere il tema) aveva lasciato nell’immaginario collettivo.
Scrivo questo per delineare le parentele di senso che portano dal passato più remoto fino allo scorso weekend e come queste, anche se in maniera del tutto inconsapevole, impattano sulla nostra storia individuale e collettiva (sono arrivate fino a Extinction Rebellion e Ultima Generazione, ma a loro volta sono state precedute dal 77 e dal movimento hippie, questo campo è ben esplorato da Fischer nell’ultimo libro uscito postumo Desiderio postCapitalista, preceduti a loro volta dal potenziale politico della cibernetica e del pensiero sistemico, e della permacultura, ecc ecc ecc).
CWIta, come diverse organizzazioni nate negli anni 10 era partita con un grandissimo entusiasmo e con una carica innovativa importante.
Si esploravano le tecnologie come potenziali abilitatrici di nuove relazionalità umane, mi ricordo quanto era considerato inusuale usare software tipo Slack nel 2014 e quanto era una novità sentirci in 40 persone su un meeting online e registrare la sessione per lasciare ai posteri la conoscenza generata da quegli incontri.
Va be, poi è successo l’inevitabile, le primavere arabe e occidentali sono state strumentalizzate, le piattaforme sono passate da rappresentare la sharing economy a essere parte della gig economy, il movimento maker e il concetto di produzione decentralizzate era collassato, il modello silicon valley si era radicato profondamente nei nostri schemi relazionali… poi è arrivata la pandemia, la Zoomfatigue, le persone perno di quelle collettività sone cresciute (fra i 20 e i 30 cambiano completamente le esigenze materiali), i prezzi sono aumentati, i territori si sono disgregati (su chi resta e chi va ci sarebbe un’altro mega articolone da scrivere), e di conseguenza CWIta, come tante altre organizzazioni reticolari che non condividevano un modello di sostenibilità individuale, ha iniziato a svuotarsi. Era visibile la mancanza di partecipazione, ma non corrispondeva ad atti di abbandono diretti, le persone che prima si scambiavano informazioni, bandi, progettualità, teorie e pratiche semplicemente erano rimaste a presenziare certi spazi digitali, ma non parlavano, non rispondevano se non ogni tanto per pubblicizzare le proprie iniziative.
L’età dell’abbondanza si era trasformata in un’era dalle risorse limitate. La collaborazione, alla base del design civico e delle pratiche collaborative ad esse connesse, si era trasformata, nelle migliori delle ipotesi, in silenzio, nelle peggiori, in veri e propri micro conflitti derivati dalla polarizzazione che la mancanza di “definizione” sensoriale ed emotiva del digitale comporta. Forse inconsapevoli di un’epoca finita cercavamo di sopravvivere e di far sopravvivere le nostre organizzazioni.
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Purtroppo non inizierò oggi a scrivere del weekend del 3 e 4 febbraio del 2024 a Modena, perché mi sono perso così tanto nell’introduzione storica da non avere più tempo a disposizione per scrivere quello che volevo scrivere, spero di poter proseguire nei prossimi giorni…